Giovani sottoposti a procedimento penale, alcuni a piede libero, altri messi alla prova o affidati alle comunità. Sono loro i protagonisti di Amunì, un progetto nato quasi per caso da un’esperienza locale in Sicilia e trasformato da Libera in un progetto nazionale, con una struttura organizzativa e metodologica trasferibile sui differenti contesti d’azione. Il progetto integra le competenze del servizio pubblico con quelle del privato sociale, ma l’elemento essenziale è il rapporto osmotico con il territorio. In ogni esperienza locale, infatti, è forte l’intreccio e la sinergia con altre esperienze e con le comunità di origine.
I ragazzi coinvolti in molti casi sono al primo reato. “I reati non sono commessi da giovani mafiosi – dice Salvatore Inguì è il direttore, a Palermo, dell’Ufficio servizio sociale per minorenni del ministero della Giustizia – anzi molti ragazzi con la criminalità organizzata non hanno mai avuto niente a che fare. Però tanti hanno una mentalità mafiosa ed è quella che cerchiamo di minare”.
Amunì – che in dialetto siciliano significa “andiamo” – è rivolto ai giovani tra i 16 e 22 anni sottoposti a procedimento penale e impegnati in un percorso di riparazione, alternativo alla detenzione.
“Nel 2009 – ricorda Inguì – quando ero il referente della sede Ussm (Ufficio di servizio sociale per i minorenni, ndr) di Trapani, ho pensato di coinvolgere un gruppo di ragazzi e partire in nave da Palermo alla volta di Napoli per partecipare alla giornata del 21 marzo. Conoscevo Libera, ma non ci avevo mai avuto a che fare. Abbiamo incontrato Margherita Asta, che ha perso la mamma e i due fratellini gemelli nella strage di Pizzolungo, ci ha raccontato la storia della sua famiglia. I ragazzi hanno ascoltato e alla fine si sono commossi, ricordo che molti l’hanno abbracciata”.
“All’inizio – aggiunge Inguì – erano percorsi che partivano in autunno e si concludevano a marzo, con tre-quattro incontri, laboratori e l’immancabile viaggio del 21 marzo. Nell’edizione 2013, a Firenze, siamo partiti dalla Sicilia con una dozzina di ragazzi, che durante il loro intervento hanno impressionato il pubblico. La gente si chiedeva: “Com’è possibile che queste facce da delinquenti possano dire parole così delicate e belle. A quell’incontro erano presenti anche assistenti sociali e militanti di Libera e si è deciso di replicare Amunì in altri territori. Caterina Marsala è stata la prima ad aderire con un progetto in Liguria”.
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